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STUDENTI A PROVA DI QUARANTENA

agosto 19, 2020

#URBINOCOMECASA

Vi siete chiesti come sarebbe stato se invece di tornare a casa foste rimasti a Urbino per tutta la quarantena?

Fra senso di responsabilità e nostalgia

È noto a tutti come i casi di Covid-19 nel nostro paese siano esplosi nel giro di poco, il 7 marzo 2020 la provincia di Pesaro e Urbino è diventata zona rossa con il divieto ufficiale di entrare e di uscire. Alcuni miei colleghi di fronte a questa notizia, nonostante le preoccupazioni, hanno coscientemente deciso di non lasciare Urbino. Come leggeremo dai racconti l’emergenza ha fatto emergere in loro un forte senso civico e di responsabilità, soprattutto nei confronti del proprio mondo vicino, famigliari in primis. Nessuno di loro immaginava che questa situazione sarebbe durata a lungo. L’opportunità di fermarsi a Urbino, mantenendo i ritmi della vita da studente e la concentrazione per studiare, è il movente principale per chi è restato. La lontananza da casa, però, si è fatta più dura durante le vacanze pasquali, momento in cui gli studenti sono soliti tornare a casa per ricongiungersi con le proprie famiglie. Questi sono stati sicuramente i giorni più difficili, dove la nostalgia è stato il sentimento prevalente ma affrontato grazie alla solidarietà fra colleghi e nel rapporto con i docenti, che non è mai venuto a mancare.

“Sono rimasta ad Urbino perché ho pensato fosse la scelta migliore, non tanto per me (che forse in questo caso mi sarei solo complicata la vita) quanto per i miei genitori. Devo dire che all’inizio la scelta è stata anche facile da un certo punto di vista, poiché notavo come almeno i miei amici più stretti avessero preso la mia stessa decisione quindi in quel caso non mi sono sentita sola. Certo che non pensavo che tutto questo potesse durare mesi. Sinceramente in un primo momento ero sempre più convinta di aver fatto la scelta giusta rimanendo a Urbino e proteggendo la mia famiglia dato che la provincia di Pesaro e Urbino era stata identificata come zona rossa. Le cose sono diventate sempre più difficili quando la maggior parte degli studenti erano tornati dalla propria famiglia e riuscivano a trascorrere un periodo come questo circondati dai proprio cari e soprattutto nella propria casa; ancora più difficile è stato trascorrere le vacanze pasquali ad Urbino, cosa mai successa prima d’ora. Ovviamente se da un lato dovevo cercare di mantenere tranquilla me per evitare di cadere nella nostalgia, dall’altra parte dovevo tranquillizzare i miei genitori che continuavano ad essere in pensiero per la mia situazione” (Marianna D.G., II anno CPO, Corleto Monforte).

Ho deciso di non tornare a casa mia a Salerno onde evitare spiacevoli problemi, sia di salute che economici ai miei genitori. La lontananza da loro è stata dura perché ormai sono 5 mesi che non ci vediamo anche se ci siamo videochiamati e/o chiamati quasi tutti i giorni specialmente durante il primo periodo dell’emergenza sanitaria” (Adolfo D.M., II anno CPO, Salerno).

“Sono rimasto ad Urbino perché il lockdown non mi ha permesso di spostarmi verso casa mia a Battipaglia (SA) dato che la Campania è stata una delle prime regioni a chiudere i confini per contenere il Covid. Anche se sarei potuto scappare come hanno fatto tanti altri prima della definitiva chiusura, cosciente della zona in cui mi trovavo ho preferito evitare per non mettere a rischio i miei familiari, perlopiù mia sorella lavora in ospedale in reparto Covid quindi è stato preferibile evitare di tornare a casa” (Antonio M., II anno CPO, Battipaglia).
Foto di Marianna

Fare/essere comunità

I miei colleghi che hanno trascorso la quarantena a Urbino hanno creato un forte senso di comunità tra loro, aiutandosi l’uno con l’altro e riuscendo in qualche modo a trasmettersi fiducia a vicenda e a sentirsi davvero uniti cercando di trascorrere il tempo nel miglior modo possibile. Attraverso la creazione di una routine di lavoro e studio è stato possibile organizzare il molto tempo a disposizione in modo proficuo. A volte anche con un po’ di spirito di adattamento…

Per spiegare meglio la mia situazione devo fare una piccola premessa. In quei mesi io stavo lavorando per un progetto con un’università americana e quindi vivevo con gli studenti in un hotel nel centro di Urbino. Nel momento in cui gli americani sono dovuti ripartire per tornare a casa a me e il mio collega ci è stato proposto di continuare a vivere nelle nostre stanze d’hotel dato che non avevamo una casa in cui stare. Per chi ascolta questa storia sicuramente sarà stato facile pensare a quanto potesse essere divertente e bello vivere in quel contesto. Ovviamente non è stato così poiché non era permesso utilizzare la cucina del ristorante e avevamo a disposizione solo il bar e un tosta pane prestatoci da un amico. All’inizio è stata una sfida avvincente riuscire a pranzare e cenare con toast, frutta e insalata ma poi il con il tempo, guardando gli altri che in casa davano maggiore sfogo alle loro doti culinarie, iniziavamo a soffrire quella situazione. Per il resto, tornando a casa solo i primi di luglio, devo dire che sono stata anche bene, con il tempo ho ritrovato e riscoperto una nuova routine giornaliera, sapendomi reinventare” (Marianna D.G., II anno CPO, Corleto Monforte).

“Per quanto riguarda la mia quarantena ad Urbino devo dire che tutto sommato è stata piacevole, anche se stare in pochi metri quadrati a volte è stata dura e per questo ogni tanto sono uscito per delle piccole passeggiate, spesso di notte per respirare un po’. Abbiamo creato un senso di solidarietà forte con i colleghi/amici rimasti ad Urbino, trovando in loro una seconda famiglia con la quale affrontare questo momento delicato” (Adolfo D.M., II anno CPO, Salerno).

“Tutto sommato la quarantena l’ho vissuta abbastanza bene poiché ad Urbino ho una casa grande e l’ho condivisa solo con uno dei miei cinque coinquilini, perlopiù amico fraterno” (Antonio M., II anno CPO, Battipaglia).

La didattica a distanza: fra opportunità e mancanza

Come abbiamo già visto, Internet è stato per tutti il pane quotidiano della quarantena, soprattutto per noi studenti, che grazie alla possibilità offerte della rete siamo riusciti a rimanere in contatto tra di noi e continuare a seguire i corsi. La didattica a distanza si è svolta regolarmente sulla piattaforma Moodle già utilizzata dall’Ateneo di Urbino per il blended learning ed è perciò stato possibile svolgere tutte le attività in programma per l’anno accademico. Naturalmente, pur riconoscendo l’importanza di proseguire le lezioni anche a distanza, dalle testimonianze degli studenti è emerso che, soprattutto per i lavori di gruppo, le lezioni in aula sono insostituibili. Il nostro corso di laurea CPO prevede parti laboratoriali basate su lavori di gruppo e questi sono momenti di apprendimento e di crescita importanti basati sulla condivisione e sulla vicinanza che durante l’emergenza sono necessariamente venuti meno. Nonostante l’impegno di docenti e studenti e di continua collaborazione si è sentita la mancanza di quella parte della vita universitaria che a Urbino è molto forte.

“Una scoperta, quella di riuscire a seguire lezioni comodamente dalla propria stanza e, con franchezza, in pigiama. Ma è stato entusiasmante solo per le prime due settimane. Secondo me oltre alla comodità, che non metto in dubbio in quel periodo così difficile, le lezioni online presentano diversi fattori negativi. In primo luogo, il non poter andare in facoltà e seguire la lezione in compagnia è molto meno stimolante, ti ritrovi con il tuo computer, da solo, a seguire lezioni che magari in sede avrebbero permesso lavori di gruppo e dibattiti. Inoltre, lo stare per ore davanti ad uno schermo, l’ennesimo durante il lockdown, è stancante e non sempre si è motivati nello stare attenti e concentrati. Devo dire che sono riuscita Sempre a rimanere in contatto con i colleghi, per fortuna noi del nostro gruppo siamo molto legati. Direi che questo periodo di lockdown ci ha permesso di apprezzare anche un semplice messaggio, una videochiamata. Abbiamo provato a reinventarci pur di non pensare che stavamo trascorrendo il nostro ultimo semestre di magistrale lontani.
Sono certa che se fossimo stati tutti ad Urbino forse non avremmo apprezzato più di tanto quel legame affettivo che abbiamo saputo riscoprire in piena emergenza” (Marianna D.G., II anno CPO, Corleto Monforte).

“Il rapporto con i colleghi è stato quotidiano poiché oggi la maggior parte di loro sono diventati miei amici. Mentre per quanto riguarda la didattica online invece devo dire che se all’inizio vi erano evidenti difficoltà man mano che passava il tempo queste sono andate sempre migliorando sino ad arrivare agli esami online che sono effettivamente una novità assoluta” (Adolfo D.M., II anno CPO, Salerno).

“Grazie a gruppi WhatsApp e videochiamate sulle varie piattaforme sono riuscito a mantenere regolarmente i contatti con i miei colleghi universitari cercando anche di confrontarci sulla didattica online, un mondo inesplorato sul quale ci siamo affacciati a causa della pandemia e che alla fine ha funzionato bene, anche se per una facoltà come CPO con numerosi lavori a progetto è sempre preferibile lavorare insieme allo stesso tavolo più che basarsi sullo smart working” (Antonio M., II anno CPO, Battipaglia).

Ri-pensarsi in lockdown

La quarantena ha dato spazio a idee, pensieri e riflessioni. Se da una parte i lunghi giorni in lockdown sono stati pieni di produttività, un’occasione per scoprire lati di se stessi nascosti o per aprirsi a nuovi interessi, per continuare a studiare e a svolgere le “normali” attività universitarie. Rimanere a Urbino ha significato per i miei colleghi mantenere l’autonomia che la vita universitaria fuori sede permette anche se, come racconta qualcuno, è necessariamente mancata la possibilità di vivere più intensamente e a pieno l’ultimo anno di università, con le sue aspettative, con i suoi rituali.

“D’altra parte, questo periodo ha generato per me entrambi i tipi di lockdown sia produttivo che emotivo, specialmente nelle prime settimane. Poi però qualcosa è cambiato e ho imparato a gestire e scoprire quei lati di me con cui difficilmente venivo contatto. Se c’è qualcosa che ho davvero capito in questo periodo lontana da casa e quasi sempre da sola è stato quello di voler, una volta tornata a casa, fare tesoro di ogni cosa, anche la più semplice. Sembra sicuramente una di quelle frasi retoriche, ma uscire, per una semplice passeggiata immersa nel verde è più di ispirazione rispetto a qualsiasi altra cosa” (Marianna D.G., II anno CPO, Corleto Monforte).

“Questo lockdown mi ha permesso di aprirmi a nuove esperienze digitali le quali devo dire mi hanno affascinato molto. Un aspetto in particolare che ho capito da questo periodo di quarantena e quanto noi siamo legati alle abitudini e molto spesso, quest’ultime, ci abbagliano gli occhi e non ci fanno vedere gli altri milioni di cose che abbiamo e che possiamo fare, conoscere o approfondire” (Adolfo D.M, II anno CPO, Salerno).

Il lockdown ha avuto i suoi risvolti produttivi per quanto riguarda il binge-watching, il gaming e la cucina poiché avendo molto tempo libero cercavo di impegnarlo al meglio. Probabilmente avrei voluto anche una maggior produttività per ciò che riguarda lo studio ma mi rendo conto che questa situazione inattesa mi ha un po’ scoraggiato e smontato la pianificazione di un anno intero, quindi nei primi tempi di lockdown mi sono limitato semplicemente a seguire i corsi e fare le attività assegnate dai docenti poiché la voglia di studiare era poca. In questo caso subentra anche il lato emotivo poiché per molti ragazzi come me questi sarebbero stati gli ultimi mesi di svago prima di affacciarsi sul mondo del lavoro e non abbiamo potuto viverli insieme e in maniera normale. A questo si aggiunge la distanza dalla famiglia che, per quanto sia legato, non ho vissuto malissimo anche perché siamo in un’età dove è bello avere la propria indipendenza e per quanto sia bella l’aria di casa bisogna ammettere che se fossi tornato a casa probabilmente avrei avuto spazi ridotti e abitudini diverse che mi avrebbero portato a implodere nel giro di un paio di settimane, come è successo ad alcuni amici”  (Antonio M., II anno CPO, Battipaglia).
Foto di Antonio

Nella serie di post dedicati alla vita delle studentesse e degli studenti di CPO in quarantena abbiamo potuto vedere come, fondamentalmente, i mesi scorsi siano stati affrontati e gestiti senza cadere nel lockdown emotivo che la situazione di emergenza avrebbe potuto facilmente provocare. Non che non ci siano stati momenti di difficoltà, preoccupazione e nostalgia ma la possibilità di mantenere il contatto con i colleghi e di proseguire le attività universitarie, corsi, laboratori, esami, ha permesso di colmare i vuoti e il senso di perdita di una fase così particolare per la vita di tutti.

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La didattica della Scuola di scienze della comunicazione per il 2020-2021

luglio 14, 2020

Dopo l’emergenza e la sperimentazione della didattica a distanza, l’Ateneo di Urbino e la Scuola di Scienze della comunicazione hanno deciso di tornare in aula da settembre 2020.

Torniamo in aula perché crediamo che il rapporto diretto tra docenti e studenti sia irrinunciabile e insostituibile per la crescita consapevole di una comunità di apprendimento e di relazioni.

Torneremo in aula in sicurezza, adottando misure di tutela della salute, a vantaggio di tutti gli studenti e della comunità allargata di docenti e lavoratori dell’Università. Sperimenteremo nuove modalità di uso degli spazi e nuove modalità di frequenza delle attività formative, nell’ambito di un modello blended, misto, di combinazioni variabili di presenza e distanza. Torniamo in aula a settembre cambiati perché abbiamo acquisito una maggiore conoscenza e consapevolezza degli strumenti digitali grazie alla sperimentazione fatta da marzo ad oggi, nell’ambito della piattaforma Moodle di Ateneo.

IMP

  • corsi blended: con possibilità di frequenza in presenza e online.
  • per classi numerose la frequenza in presenza sarà gestita con sistemi di turnazione
  • i laboratori verranno gestiti in presenza per sottogruppi di classe, alternati con supporto a distanza per lo svolgimento dei progetti

Il ritorno in aula a settembre è motivato in modo particolare dalla volontà di consentire alle matricole di vivere pienamente la loro prima esperienza di studenti universitari, e di compiere adeguatamente un rito di passaggio dalla scuola superiore all’Università che è un importante passo verso l’età adulta.

Per garantire la salute e la sicurezza degli studenti e dei docenti gli insegnamenti saranno offerti contemporaneamente in presenza e online, in aula e sulla piattaforma della didattica a distanza di Ateneo. Ove la elevata numerosità degli studenti iscritti lo renda necessario, saranno previste turnazioni che garantiranno a tutti gli studenti che vogliono frequentare di partecipare a una quota rilevante delle lezioni in presenza, mentre sarà garantita comunque e sempre l’accessibilità delle lezioni a distanza. Questo sarà consentito anche grazie a un’estensione dell’orario delle lezioni, nell’arco della giornata e della settimana, per offrire maggiori possibilità di frequenza in presenza a tutti.

Per i laboratori, offerti in piano di studi fin dal primo anno di corso, in caso di classi numerose l’attività formativa interattiva sarà realizzata in presenza per sottogruppi di classe, alternati, con supporto a distanza per lo svolgimento dei progetti.

CPO

  • corsi blended: frequenza in presenza e supporto online
  • per classi numerose la frequenza in presenza sarà gestita con sistemi di turnazione
  • laboratori e percorsi laboratoriali degli insegnamenti teorici: in presenza per sottogruppi di classe, alternati con supporto a distanza per lo svolgimento dei progett

Il ritorno in aula a settembre è motivato in modo particolare dalla volontà di consentire agli iscritti al primo anno delle lauree magistrali di essere socializzati a un nuovo ambiente universitario e a un percorso formativo avanzato che li prepari al mondo del lavoro e delle professioni, e di dare un’offerta coerente con il forte carattere professionalizzante del corso di laurea, che prevede non per caso l’obbligo di frequenza.

Per garantire la salute e la sicurezza, di tutti gli studenti e docenti, gli insegnamenti saranno offerti contemporaneamente in presenza e online, in aula e sulla piattaforma della didattica a distanza di Ateneo. Ove la elevata numerosità degli studenti iscritti lo renda necessario, saranno previste turnazioni che garantiranno a tutti gli studenti per cui è previsto l’obbligo di frequenza di partecipare a una quota rilevante delle lezioni in presenza, mentre sarà garantita comunque l’accessiblità delle lezioni e un supporto a distanza. Questo sarà garantito anche grazie a un’estensione dell’orario delle lezioni, nell’arco della giornata e della settimana, per offrire maggiori possibilità di frequenza a tutti.

Per i corsi laboratoriali e le parti laboratoriali degli insegnamenti teorici l’attività formativa interattiva sarà realizzata in presenza per sottogruppi di classe, alternati, con supporto a distanza per lo svolgimento dei progetti.

PREMIO SOCIALLY CORRECT – IL FRUTTO DI CREDERE IN SÉ STESSI

luglio 15, 2019

“Ragazzi non ci crederete, ma avete vinto!”
Certe notizie arrivano quando meno te lo aspetti.
E in quell’istante ci scorrevano davanti agli occhi tutte le pagine dei libri studiati, le ore di lezione, le 3 di notte a disegnare bozze per lo storyboard pur non avendo mai fatto illustrazioni, l’adrenalina e l’ansia di consegnare il pacco alle poste prima della scadenza, i brain storming e gli uragani di idee in cui ci siamo immersi a capofitto negli ultimi mesi.

Ebbene, in occasione del Festival dei 2mondi di Spoleto, il 12 Luglio abbiamo dato onore ai nostri sacrifici e reso dignità alla nostra passione.
La soddisfazione nei nostri occhi, quel giorno, raccontava tutto questo, con la voce che tremava come l’incertezza se quello fosse o meno un sogno.

Tutto questo grazie all’associazione Paolo Ettorre – Socially Correct, che da anni porta avanti la vocazione di un uomo che si è distinto nel mondo della pubblicità per il suo spessore culturale, la sua infinita curiosità e il forte interesse per i problemi che riguardano la società.

Alessandro Bongermino (Art Director) e Chiara Fasolino (Copywriter) insieme al Prof. Marco Livi il giorno della premiazione a Spoleto

L’ASSOCIAZIONE PAOLO ETTORRE – SOCIALLY CORRECT

Ad oggi, la famiglia Ettorre e l’agenzia Saatchi & Saatchi in Italia si fanno portavoce di questa empatia, che è la virtù, il valore-garanzia per instaurare un contatto con il pubblico e creare una relazione fondata sulle emozioni, il coinvolgimento della mente e dell’animo. Per essere ricordati oltre il tempo di uno spot e i confini di una campagna.
È importante riconoscere come un’agenzia-icona dell’Advertising, riconosciuta tra le più importanti a livello mondiale, si faccia patrocinatrice di un’iniziativa meritocratica, che premia giovani in tutta Italia per la realizzazione concreta di progetti, permettendo loro di inserirsi – ancora nel corso della loro carriera universitaria – all’interno di un’importante realtà lavorativa, dando loro la possibilità di far parte di un team di esperti, di acquisire esperienza e dare il meglio di se stessi nel concretizzare una passione.

L’UNIVERSITA’ DI URBINO CARLO BO E “CPO”

Sin dal primo giorno in cui ci è stato comunicato il concorso, io e Alessandro Bongermino ci siamo detti “lo facciamo?” e ci siamo lanciati a capofitto in questa sfida, una scelta dettata dall’impulso legato alla consapevolezza che entrambi avevamo le basi giuste per poter gareggiare dignitosamente.
Studiare all’Università di Urbino Carlo Bo e in particolare far parte del Corso di Laurea in “Comunicazione e Pubblicità per le Organizzazioni” (CPO) è stato un grande aiuto per crescere a livello formativo e come individui della società di cui siamo parte e del mondo che abitiamo. Ogni lezione seguita non è mai stata una semplice e passiva lezione frontale, ma un’occasione di dibattito, di messa in gioco delle nostre capacità critiche e delle nostre abilità pratiche, dai corsi più teorici ai laboratori.
La competenza di professori sociologi ed esperti di marketing e comunicazione e la componente attiva di ciascun corso ci hanno permesso di acquisire una maggiore cultura e sensibilità, nonché di allargare i confini della nostra mente, senza forzarci a schemi di pensiero ma insegnandoci ad avere una visione delle cose che si alimenta di più prospettive.
Sono queste le basi che più conserviamo per la futura carriera di creativi a cui aspiriamo; sono le fondamenta in cui confidiamo per generare mondi e connessioni tra mondi nella nostra mente e originare qualcosa di nuovo e di realmente utile.
Io e Alessandro – in qualità di copywriter e art director – non abbiamo mai scisso i nostri ruoli, ma abbiamo lavorato in sincronia e sintonia, fondendo pensieri visivi e verbali, cercando di arrivare a comunicare un messaggio che fosse coerente dal punto di vista dello sguardo e della lettura perché potesse essere di impatto, qualcosa su cui ci si sofferma a riflettere.

IL NOSTRO PROGETTO

La nostra proposta di campagna, in linea con il brief e gli obiettivi del concorso, mira a sensibilizzare gli individui sulle conseguenze che il gioco d’azzardo comporta nella vita sociale e familiare.
Alla luce delle conoscenze acquisite attraverso lo studio, abbiamo voluto far leva su un insight che esiste da sempre nella vita delle persone: il bisogno di appartenenze, di legami con gli altri, del senso di “casa”, che è cruciale in ogni individuo, al pari del suo bisogno di differenziazione. Alla luce di ciò, abbiamo voluto evidenziare il modo in cui la dipendenza da gioco d’azzardo porta l’individuo ad auto-escludersi dai rapporti familiari, dalle relazioni sociali e ad estraniarsi dalla realtà, ritrovandosi così solo e privo di tutto ciò che gli è caro.
Con l’avanzare dei mesi, abbiamo scavato a fondo questa problematica e ci siamo avvicinati sensibilmente al tema, dapprima ignari di tutte le conseguenze del disturbo da gioco d’azzardo e di quanto quest’ultimo possa essere considerato pari a qualsiasi altra dipendenza da sostanze o da alcool. È una tematica che abbiamo fatto nostra e forse questa è stata una delle prime ragioni per cui, dopo esserci informati e aver fatto un’analisi accurata, in un secondo momento non riuscivamo a smettere di produrre idee.
La nostra mente lavorava a 500 km/h e con il costante supporto del professor Livi siamo riusciti a darci un freno, a fare una selezione delle proposte più efficaci per poter poi dar vita a un progetto coerente nelle sue parti.

Avremmo potuto concentrarci su svariati tipi di gioco d’azzardo, ma abbiamo preferito tra tutti il gratta e vinci, perché il più acquistato, accessibile e dalla presunta possibilità di vincita immediata. Assicurato minimo sforzo, illusorio massimo risultato.
Abbiamo voluto così rappresentare la maniera in cui un gesto apparentemente banale e semplice, come il grattare con una monetina un gioco a premi, presenti in realtà forti ripercussioni a livello sociale, economico e psichico.
Abbiamo deciso di puntare ad un visual più forte di simboli, in contrapposizione ad un headline più semplice, chiaro, immediato, rispettando un tono di voce istituzionale, che fosse severo ma al tempo stesso morbido, perché potesse fungere da sincera avvertenza e consiglio, da presa di coscienza della realtà per chi si sente chiamato in causa, piuttosto che da accusa o attacco offensivo.
L’immagine rappresenta un’istantanea di una famiglia nel giardino di casa: la donna/moglie, il bambino/figlio e la casa nella foto risultano “grattati” come i simboli di una comune schedina; sotto le figure grattate, compare la scritta “non hai vinto ritenta”, a simboleggiare che il soggetto, mentre spende il suo tempo a giocare, sta perdendo quanto ha di più prezioso.

Alessandro e Chiara alla consegna del premio Socially Correct

L’AZZARDOPATIA

Come la dottoressa Mainolfi – dirigente Comunicazione del Ministero della Salute – e gli altri esperti psicoanalisti hanno discusso nel dibattito tenutosi in occasione della premiazione, i numeri da sempre fanno parte della vita dell’uomo. Si interpellano i numeri per cercare di dare un ordine dall’esterno al disordine che l’uomo prova all’interno. Da che esiste la cultura e le società, esistono i numeri. Si scandiscono i giorni della settimana, si scandisce il tempo, si definiscono le stagioni e si gioca coi numeri, tentando “la sorte”. Tentando di dare un senso a ciò che non ha senso. Per ricevere un bagliore di luce lì dove tutto appare oscuro.
Da che esistiamo, cerchiamo stratagemmi per trovare risposte a enigmi impossibili da risolvere. E ci convinciamo di tali risposte. Ci affidiamo al caso, alla fede, alla fortuna. Ci ossessioniamo quando c’è qualcosa in noi che vacilla, e cerchiamo di trovare un equilibrio, di riassestarci, di tappare buchi. Diventiamo dipendenti, al punto da non saper più trovare il controllo da soli, ricercandolo in qualcosa al di fuori di noi.

Ecco che una campagna Socially Correct come questa sull’azzardopatia intende riportare alla realtà chi ne soffre, a una realtà che gli si sta sgretolando tra le mani, al di fuori della coscienza e della razionalità.
È una campagna che intende far luce su questa coscienza attraverso precise parole incisive e immagini che attraversino lo sguardo per arrivare direttamente all’animo, modificando disposizioni mentali e comportamenti durativi nel tempo. Questo è il lato più umano della pubblicità, che, se riesce nel suo obiettivo, può fare del bene al mondo.

CPO e Fano Jazz By The Sea per la strategia online del 2016

novembre 15, 2016

fano-jazz-staffLa stretta collaborazione tra Fano Jazz Network e il corso di Comunicazione e Pubblicità per le Organizzazioni costituisce ogni anno un banco di prova per gli studenti e una importante occasione di rinnovamento per l’organizzazione del festival Fano Jazz By The Sea. Tra i tanti lavori proposti dagli universitari, due sono stati i progetti scelti come vincitori: la campagna  “JazzInOnda” (di Giulia Gattuso, Giulia Pellizzer, Antonio Percolla, Fabrizio Perra, che comprendeva un piano di Social media marketing e Social media strategy) e il videoclip promozionale messo a punto da Adele Biagioni e Miranda Riva.  Anche quest’anno grande attenzione è stata prestata alle opportunità di promozione attraverso i canali social: per questo motivo proviamo a riassumere gli elementi chiave delle attività messe in atto.

– L’utilizzo delle nuove feature e dei nuovi strumenti pubblicitari:
«Quando abbiamo presentato il progetto, siamo riusciti ad attirare molta curiosità sugli strumenti del Facebook Canvas e del Facebook Live. In quel periodo erano due novità assolute e abbiamo lavorato parecchio per trovare il modo migliore di utilizzarli e soprattutto di integrarli tra gli altri strumenti di sponsorizzazione e gli altri tipi di post. Abbiamo avuto una buona collaborazione e scambio di idee con l’organizzazione del festival e ciò ci ha permesso di raggiungere dei buoni risultati» – commenta Antonio Percolla.

– La pianificazione, prima di tutto:
«Oltre al pomeriggio e alla sera in cui si svolgevano tutti i concerti e le attività del festival lavoravamo la mattina e nel primo pomeriggio per programmare i contenuti. Oltre a quelli promozionali e informativi, su  Instagram e Twitter abbiamo optato per il repost di contenuti creati dagli utenti. Questa scelta si è rivelata vincente e ci ha aiutato a capire su quali strategie puntare apportando modifiche, quasi in tempo reale, al piano editoriale prefissato» – ci racconta Giulia Pellizzer.

– Ogni contenuto sulla piattaforma più adatta:
«Ogni giorno raccoglievamo tantissimi contenuti e non avrebbe avuto molto senso condividere gli stessi post nei diversi canali social: ciò al contrario ci avrebbe fatto passare per un festival povero di contenuti. Oltre all’engagement previsto abbiamo usato come criterio il tono tipico delle diverse piattaforme: ad esempio Instagram ci ha dato la possibilità di proporre dei contenuti dal tono più informale.  Pur avendo dei post prefissati, la città di Fano e il festival offrivano ogni giorno nuovi spunti da integrare nel nostro flusso comunicativo. Ed è stato davvero un peccato che non ci fosse ancora la feature delle instagram story» spiega in dettaglio Giulia Gattuso.

– Condividere “il bello della diretta” con il pubblico:
«Dare la possibilità di partecipare, seppure virtualmente con gli strumenti di Facebook Live, Vine e del livetweeting agli eventi in programma di Fano Jazz By The Sea è stata la vera grande novità del festival. In molti ci hanno ringraziato per questa iniziativa e speriamo che ciò possa inserirsi in maniera definitiva nella strategia del Festival» – conclude Fabrizio Perra.

 

CPO e i progetti di gruppo: il Business game Benelli

settembre 9, 2016

benelliarmi-schizzoDalla prima materia fino all’ultimo laboratorio, il corso di laurea CPO offre molte occasioni per sviluppare quell’attitudine al teamworking tanto richiesta in curriculum. Di fronte a un brief creativo o di comunicazione, gli studenti lavorano in squadra allestendo in maniera informale una “piccola agenzia di comunicazione”. E quando il lavoro contiene delle buone idee rimanendo attinente alle richieste del brief, un buon risultato è quasi sempre assicurato. In attesa di una intervista a Fabrizio Perra, futuro stagista selezionato per Benelli Armi, il gruppo vincitore del business game proposto dall’azienda urbinate si racconta in questa intervista.

-Come è nato il gruppo di lavoro? Sulla base delle idee comuni o cercando di creare un team completo in base alle competenze di ognuno?
«Il nostro team, formato da me, Fabiola Bastianini, Luca Olivari, Benjamin Osukulubo, Antonio Percolla e Jacopo Verdini si è costituito attorno alle competenze e alle propensioni di ciascun membro. Subito dopo la presentazione del progetto all’interno di una lezione di Comunicazione d’impresa erano emerse delle idee interessanti e abbiamo deciso di lavorare insieme per svilupparle» – ci racconta Francesco Ghiotti.

-In cosa è consistito il lavoro di ricerca? Quali strumenti sono stati utilizzati?
«Dopo il brainstorming iniziale abbiamo pensato di sfruttare diverse analisi per strutturare una strategia di comunicazione efficace, tra cui la SWOT, la PEST, l’analisi della concorrenza, l’analisi netnografica e l’analisi valoriale» – ci spiega Jacopo Verdini – «Per individuare i punti di forza e di debolezza dell’azienda abbiamo sfruttato l’analisi SWOT, mentre l’analisi PEST ci ha dato la possibilità di orientarci all’interno del contesto politico-economico-sociale e tecnologico del settore sportivo-venatorio italiano. L’analisi della concorrenza ci ha consentito di confrontare Benelli con altre aziende (di cui due americane). L’analisi netnografica è stata utile per rintracciare alcuni insight interessanti dalle discussioni dei fan online. Infine, attraverso l’analisi valoriale abbiamo individuato tre filoni comunicativi che ci hanno permesso di rispondere al meglio alle domande del brief».

-La gestione del lavoro di squadra: la divisione è stata rigida o tutti hanno partecipato alle diverse fasi del progetto? 

«Quando si lavora in gruppo è quasi naturale che ognuno, soprattutto nella fase di realizzazione e presentazione del progetto, tenda a ritagliarsi il ruolo in cui si vede più portato: c’è chi si occupa del copywriting, chi della grafica e chi si propone per presentare il lavoro ai docenti e all’azienda. Ciò nonostante, nella fase strategica, non c’è stata una rigida una divisione dei ruoli, tutti abbiamo collaborato attivamente alla realizzazione di proposte comunicative che fossero estremamente rispondenti alle necessità dell’azienda» – risponde Francesco Ghiotti.

-Quali sono stati gli aspetti più apprezzati del progetto?
A quest’ultima domanda, come membro del gruppo di lavoro rispondo proprio io:

«Sicuramente l’attinenza con il brief è stata apprezzata. L’azienda aveva richiesto un’idea che riuscisse a collegare e comunicare i valori dell’innovazione tecnologica, del design e dello sport. Anche gli altri progetti presentati dai nostri colleghi li contenevano, per cui siamo molto contenti che la nostra proposta sia stata valutata come la migliore: questo testimonia che oltre alla “sostanza” è stata apprezzata “la forma” con cui il nostro progetto è stato presentato».

Il tirocinio? In Erasmus: l’esperienza di Gabriele Infosino

settembre 1, 2016

Infosino spagnaAttraverso il programma Erasmus+ traineeship è possibile svolgere  il tirocinio curriculare previsto nel piano di studi in giro per l’Europa. In attesa del bando ufficiale, che con ogni probabilità sarà pubblicato tra Settembre e Ottobre, riportiamo l’esperienza di un laureato CPO che ha svolto il proprio periodo di stage a Madrid.

– Gabriele, raccontaci perché hai scelto di svolgere lo stage lontano da casa.

«Avevo già svolto il mio primo Erasmus a Parigi alla triennale. Parigi e l’esperienza Erasmus sono diventati il trampolino di lancio verso nuove possibilità, nuove idee, nuove scoperte. Quello che prima avevo limitato ai confini nazionali adesso non ha più confini, mi sento cittadino del mondo e so di avere la possibilità di giocarmi carte nuove in giro per il mondo, mentre alcuni anni fa non riuscivo a vedere oltre la mia terra e la mia gente, oltre la mentalità italiana.

Madrid è stata una scoperta felicissima: l’avevo visitata da turista, ma viverla è tutta un’altra cosa! Una città frizzante, dinamica, calda e accogliente. Ogni angolo è una sorpresa, ogni quartiere vive di vita propria e il calore dei suoi abitanti e delle sue luci scalda il cuore fino a tarda notte. Madrid è insieme a Barcellona il motore economico e culturale di una Spagna in forte ripresa, tante imprese e start up (anche italiane) stanno investendo in questa metropoli, e bisogna saper cogliere al volo le opportunità di crescita di una città così dinamica e affascinante».

– In che tipo di azienda hai svolto lo stage e di che cosa ti occupavi?

«Ho lavorato per Spotahome, start up che si occupa di affitti online di stanze e appartamenti a medio/lungo termine, una delle 15 migliori start up spagnole del 2015. Mi occupavo delle strategie di Marketing e del Marketing operativo dell’impresa: in una start up le condizioni di lavoro e mercato cambiano repentinamente e stare al passo è complesso e stimolante. Nel corso del mio stage ho anche seguito l’evoluzione di alcuni progetti di implementazione dell’azienda e collaborato alla selezione del personale di lingua italiana».

– Hai notato delle differenze da parte dell’azienda ospitante nel modo di considerare gli stagisti come una risorsa?

spotahome«Assolutamente sì: gli stagisti non sono veri stagisti, sono delle risorse per l’impresa che li “ospita”. Formare il personale, inserirlo nelle dinamiche lavorative e produttive richiede risorse economiche e di tempo, ed è naturale che questo percorso porti all’assunzione dello stagista da parte dell’azienda ospitante: in Spagna questa mentalità è chiara, le persone valide vengono assunte e fatte crescere, gli italiani sono molto apprezzati per il loro ordine, la loro creatività e la loro capacità di adattarsi a culture e ambienti differenti.

Purtroppo non vedo ancora in Italia una coscienza simile: c’è molta diffidenza, chi ha le competenze tende a non condividerle con gli stagisti, ci si fida poco di chi ha poca esperienza lavorativa e tanto entusiasmo… e il rischio è che l’entusiasmo vada scemando e l’esperienza non si sviluppi mai!».

– Quali sono state le difficoltà più grandi che hai incontrato e come le hai risolte?

«Come detto una start up è un ambiente in continuo cambiamento: le difficoltà si incontrano ogni giorno e ogni giorno si è chiamati ad attingere alla creatività per realizzare gli obiettivi dell’azienda. Il rovescio della medaglia è il rischio di stravolgerli proprio per un eccesso di creatività, ma la bellezza di una sfida come questa sta proprio nel percorso di crescita che ti offre, nella quotidiana possibilità di confronto con mentalità, caratteri e culture diverse e provenienti da tutto il mondo. Mettersi in discussione e in gioco ogni giorno».

– Questo tipo di esperienza ti ha aiutato a velocizzare i tuoi tempi di studio?

«Sicuramente. Ho sviluppato metodo e rapidità, i piccoli dettagli fanno la differenza: è bastato continuare a mantenere la buona (e noiosa!) abitudine della sveglia la mattina presto e di sfruttare tutto il tempo a disposizione nel migliore modo possibile, soprattutto per lo studio, sebbene non abbia mai amato trascorrere il mio tempo fra i libri!

È ovvio che un’esperienza in cui puoi mettere a frutto tutto quello che hai imparato negli anni di studio è uno stimolo molto potente e questo ha sicuramente contribuito a mettermi fretta e concludere il mio percorso di studi alla prima occasione utile».

CPO in Erasmus a Tarragona: l’esperienza di Giacomo Giorgi

agosto 11, 2016

14001817_10210392204427857_2063780450_oLa meta Erasmus più ambita per gli universitari italiani? La Spagna: secondo fonte Eurostat, nel 2014-15 è stata scelta da ben 9000 studenti. Ma nella penisola iberica non ci sono solo Madrid, Granada, Valencia e Salamanca. Giacomo Giorgi, studente CPO al secondo anno di corso, ha scelto di frequentare per oltre sei mesi l’Università “Roviri e Virgili”di Tarragona, città catalana a circa 100 chilometri da Barcellona.

– Giacomo, avevi già provato a partecipare un bando Erasmus o hai provato per la prima volta durante il nostro corso di laurea in Comunicazione e Pubblicità per le Organizzazioni?

«Per me è stata la prima volta che provavo a partecipare. A dire la verità ritenevo proprio l’ultimo anno come quello più adatto: ritenevo utile e interessante avere la possibilità di vedere da una prospettiva diversa come si studiano le cose che ho fatto in 5 anni in Italia. Certo, ho anche pensato che l’Erasmus mi avrebbe rubato del tempo, ma poi proprio andando lì mi sono reso conto quanto e come questa fosse una opportunità imperdibile».

-Come era organizzata l’università a Tarragona?

«L’università si divide in un campus umanistico e uno scientifico: io nello specifico ho frequentato il dipartimento “Tecnologie della comunicazione” e ho passato tantissimo tempo nel laboratorio di produzione audiovisiva, un’aula a disposizione per i lavori di studio e per le ricerche individuali. L’università in questo senso è molto attraente e coinvolgente: si impara molto sia in termini teorici che professionali. I prof ti aiutano molto ma si aspettano tanto in cambio: assegnano delle consegne settimanali e si aspettano di vedere esempi pratici in classe».

-Quali corsi hai seguito in particolare?

«Ho inserito nel mio programma alcuni insegnamenti del master in comunicazione avanzata e crisis management, per il resto ho attinto da insegnamenti come creatività pubblicitaria e comunicazione di impresa. Crisis management è stata una materia molto interessante: a Tarragona si insiste molto su come gestire una crisi aziendale con la comunicazione, come realizzare una strategia, come monitorare la crisi e come intervenire sui social. Credo che a Tarragona lo facciano perché la città è famosa per le industrie chimiche, quindi i rischi, soprattutto quelli ambientali, sono elevatissimi».

-Tarragona ti ha fatto rimpiangere molto di non aver fatto l’Erasmus in una città più grande come Barcellona?

«Tarragona è una città molto più piccola, molto più chiusa e molto meno divertente rispetto a Barcellona. Mancano anche alcuni servizi, ma Tarragona è una città in cui cui si respira la vera cultura catalana. La cosa che più mi ha colpito è la festa Maior di Santa Tecla, dove le persone costruiscono dei castelli umani alti anche 20 metri. All’università è una festa molto sentita: c’è un gruppo di studenti che ogni giovedì si allena per realizzare questi castelli».

-Quali aspetti reputi come i più rilevanti di questa esperienza?

«Sicuramente la possibilità di aprire gli occhi verso orizzonti nuovi, la possibilità di star fuori e di incontrare persone di altre culture di cui prima non conoscevo nulla: ho incontrato molti sudamericani che fanno progetti di scambio, soprattutto brasiliani e messicani. Mi ha colpito molto il fatto che qui non si sentiva molto la sensazione di essere dentro una crisi economica al contrario di quello che avvertiamo invece ogni giorno nel nostro paese».

 

Rossini Opera Festival: il contributo di IMP e CPO

agosto 4, 2016

rofQuattro opere, quattro teatri, sette concerti. Questi i numeri del Rossini Opera Festival, manifestazione teatrale e musicale dedicata al celebre compositore che si svolgerà a Pesaro dall’8 al 20 Agosto 2016. “Dietro le quinte”, ad occuparsi della comunicazione e della promozione del festival c’è anche il lavoro del Prof. Marco Livi e dei suoi studenti di Costruzione del Messaggio Pubblicitario: non solo studenti di magistrale CPO, ma anche universitari della triennale IMP a indirizzo pubblicitario.

In particolare, un gruppo di studenti è stato selezionato per supportare il prof. Livi, direttore creativo, nella comunicazione di un’opera in programma, “Il viaggio a Reims”. Anna Egidio, Giulia Gattuso, Giulia Pellizzer  e Fabrizio Perra ci raccontano cosa si prova nel contribuire alla comunicazione del ROF: «Il nostro progetto nasce dalla proposta di comunicazione realizzata per superare l’esame di Costruzione Messaggio Pubblicitario. Il professore Marco Livi era rimasto molto soddisfatto del lavoro svolto, ma non pensavamo di finire a curare parte della comunicazione online di un’istituzione così importante come il Rossini Opera Festival. 1024px-Teatro_Rossini_01La sfida di questo progetto è sicuramente il periodo in cui si svolge, sia per noi che per il pubblico che tentiamo di raggiungere attraverso la sponsorizzazione Facebook. Per noi perché i tempi sono stretti ed essendo, da buoni fuori sede, tornati a casa, lavoriamo in questa fase a centinaia di chilometri l’uno dall’altro. Per il pubblico perché dobbiamo convincerlo che, il 12 Agosto alle 11.00, il suo unico desiderio sarà quello di collegarsi alla diretta streaming de Il Viaggio a Reims. Quest’opera è molto importante all’interno del festival perché segna la fine del percorso dei giovani cantanti all’interno dell’Accademia Rossiniana ed è stata già negli anni precedenti il trampolino di lancio verso la fama internazionale dei suoi interpreti. Un fatto come questo non è passato inosservato al gruppo che, con l’aiuto del professor Livi, l’ha usato come insight e come chiave di lettura di una campagna che al momento sta dando buoni risultati».13686761_1104047362966325_8319343025582151553_n

Durante l’intera durata della rassegna, nella pagina Facebook ufficialedell’organizzazione saranno pubblicati in rotazione i contenuti migliori realizzati dagli altri studenti di Comunicazione e Pubblicità per le Organizzazioni e di Informazione, Media e Pubblicità. Per un Opera Festival di qualità.

CPO: si aprono le iscrizioni all’anno accademico 2016/17

luglio 18, 2016

signature-962359_960_720Da oggi 18 Luglio 2016 è possibile immatricolarsi e iscriversi al corso in Comunicazione e Pubblicità per le Organizzazioni, che a partire da quest’anno sarà attivato nella sede di Urbino. Riepiloghiamo per tutti gli studenti interessati le procedure da seguire per controllare il raggiungimento dei requisiti curriculari, registrarsi nel portale esse3, procedere con l’iscrizione e registrarsi all’Open Day del 21 Settembre.

1)VERIFICA DEI REQUISITI D’ACCESSO
 L’accesso al corso è diretto per i laureati nei corsi L-14 e L-20 di Scienze della Comunicazione, inclusi i laureati di vecchio ordinamento e all’estero. Per i laureati in altri corsi è necessario dimostrare la propria ammissibilità: occorre compilare e inviare all’indirizzo roberta.bartoletti@uniurb.it la tabella dei requisiti curriculari (disponibile a questo link). Non sono previsti ulteriori test di verifica delle competenze.

2)IMMATRICOLAZIONE E ISCRIZIONE 
Ottenuta la verifica dei requisiti curriculari (con l’indicazione di eventuali crediti da recuperare) si può procedere con l’iscrizione online. Occorre registrarsi al portale esse3 (la pagina è raggiungibile cliccando su questo link) compilare e scaricare il modulo di iscrizione.

Il documento deve essere consegnato alla Segreteria Studenti  di Pesaro (spedito per posta raccomandata o brevi manu). Al modulo d’iscrizione è necessario allegare:

– due fotografie in formato tessera firmate sul retro;
– ricevuta del pagamento della prima rata della contribuzione studentesca;
– autocertificazione del diploma di laurea con l’elenco degli esami sostenuti;
– nel caso di invio per posta, fotocopia autografata di un documento di riconoscimento.

3)DATE UTILI

Il termine ultimo per immatricolarsi e iscriversi al corso è il 9 Novembre 2016.

Gli studenti non ancora laureati devono presentare una pre-iscrizione, ottenibile seguendo le stesse modalità di iscrizione riportate sopra. Il termine ultimo previsto per conseguire la laurea triennale è il 28 Febbraio 2017.

Le lezioni del primo anno del corso CPO avranno inizio il 10 Ottobre 2016: il calendario completo sarà pubblicato entro il 10 Settembre.

Il 21 Settembre è previsto un incontro di Open Day nella sede di Urbino in via Saffi 15. È possibile indicare la propria presenza registrandosi nel form di partecipazione.

Passaggi festival: CPO e IMP nel social media team dell’edizione 2015

aprile 14, 2016

passaggifestival

 

Raccontare un festival di saggistica attraverso le parole di un blog, le dichiarazioni e i commenti in diretta su Twitter, i post di Facebook e le immagini di Instagram. Raggiungendo non solo gli appassionati di libri, ma anche i fan dei tanti ospiti presenti alla manifestazione. Per gli studenti della scuola di Comunicazione dell’Università di Urbino Carlo Bo la collaborazione con il festival della saggistica “Passaggi” di Fano si è rivelata un’ottima opportunità per scoprire come si lavora all’interno di un social media team. Al gruppo di lavoro, guidato dalla ricercatrice Elisabetta Zurovac e l’ex studentessa Raffaella Negrini, hanno preso parte cinque studenti di laurea specialistica CPO (Katia Minnenna, Antonio Percolla, Elisa Peruzzi, Fausto Scaglioni, Alice Torcellini) e due studenti di triennale IMP (Alessio De Colle e Mariachiara Montebello). Ma scendiamo più nel dettaglio chiedendo loro quali sono state le attività svolte, i lati positivi del lavoro in team e le difficoltà affrontrate.

passaggi fano«Per prima cosa, dobbiamo raccontare la nostra giornata-tipo» – interviene Fausto Scaglioni – «Alle 15 ci radunavamo per il briefing: ci occupavamo dell’analisi degli eventi e degli ospiti del giorno in modo tale da garantire una visibilità ottimale agli incontri in programma. A rotazione ci prendevamo carico dei compiti da fare: chi prendeva posto per la diretta online su Twitter o per scrivere gli articoli sul blog, chi in giro a raccogliere scatti per Instagram e Facebook e chi svolgeva il ruolo di “regia” per gestire i profili social della manifestazione. Alle 20 facevamo una pausa per la cena e poi subito dopo al lavoro per gli eventi serali e il debriefing, in cui discutevamo dei risultati ottenuti e della giornata successiva».

faustoLa produzione e la gestione di contenuti per i profili social e per il web richiede un buon lavoro di coesione. Ma all’interno del team i ruoli non sono stati definiti in maniera rigida: «Le nostre esperienze precedenti e le nostre competenze erano molto diverse – ci racconta Mariachiara Montebello – ma questo è stato un fattore positivo per tutti». Il perché ce lo spiega Alessio De Colle: «All’inizio le attività da svolgere venivano assegnate in base alle competenze personali: chi dimostrava di essere più sicuro sul livetweeting si occupava delle dirette e così anche per le foto o gli articoli. Man mano però ci scambiavamo di ruolo e ci affiancavamo per apprendere le altre tecniche». Con una sola preoccupazione: «Non dovevamo dimenticare di non mettere in discussione la qualità dei contenuti, dal momento che rappresentavamo la credibilità del festival» – sottolinea Elisa Peruzzi.

katiaMa è stato così difficile lavorare sui social network per un pubblico di nicchia come quello di un festival culturale? «In realtà, il festival Passaggi offriva un programma piuttosto aperto anche per chi non è un grande lettore – ci spiega Katia Minnenna – Durante gli incontri venivano affrontate tematiche che sono spesso argomento di discussione sulla rete». E Alice Torcellini ricorda l’importanza della presenza di ospiti importanti: «Al festival hanno partecipato politici come Fausto Bertinotti e Graziano Delrio, giornalisti come Peter Gomez e Marco Damilano, critici d’arte come Vittorio Sgarbi e perfino uomini famosi del calcio e della cucina come Arrigo Sacchi e Stefano Callegaro. Ciò ci ha permesso di lavorare facendo leva sulla loro visibilità e sulla loro base di fan e follower».

Antonio Percolla


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