#URBINOCOMECASA
Vi siete chiesti come sarebbe stato se invece di tornare a casa foste rimasti a Urbino per tutta la quarantena?
Fra senso di responsabilità e nostalgia
È noto a tutti come i casi di Covid-19 nel nostro paese siano esplosi nel giro di poco, il 7 marzo 2020 la provincia di Pesaro e Urbino è diventata zona rossa con il divieto ufficiale di entrare e di uscire. Alcuni miei colleghi di fronte a questa notizia, nonostante le preoccupazioni, hanno coscientemente deciso di non lasciare Urbino. Come leggeremo dai racconti l’emergenza ha fatto emergere in loro un forte senso civico e di responsabilità, soprattutto nei confronti del proprio mondo vicino, famigliari in primis. Nessuno di loro immaginava che questa situazione sarebbe durata a lungo. L’opportunità di fermarsi a Urbino, mantenendo i ritmi della vita da studente e la concentrazione per studiare, è il movente principale per chi è restato. La lontananza da casa, però, si è fatta più dura durante le vacanze pasquali, momento in cui gli studenti sono soliti tornare a casa per ricongiungersi con le proprie famiglie. Questi sono stati sicuramente i giorni più difficili, dove la nostalgia è stato il sentimento prevalente ma affrontato grazie alla solidarietà fra colleghi e nel rapporto con i docenti, che non è mai venuto a mancare.
“Sono rimasta ad Urbino perché ho pensato fosse la scelta migliore, non tanto per me (che forse in questo caso mi sarei solo complicata la vita) quanto per i miei genitori. Devo dire che all’inizio la scelta è stata anche facile da un certo punto di vista, poiché notavo come almeno i miei amici più stretti avessero preso la mia stessa decisione quindi in quel caso non mi sono sentita sola. Certo che non pensavo che tutto questo potesse durare mesi. Sinceramente in un primo momento ero sempre più convinta di aver fatto la scelta giusta rimanendo a Urbino e proteggendo la mia famiglia dato che la provincia di Pesaro e Urbino era stata identificata come zona rossa. Le cose sono diventate sempre più difficili quando la maggior parte degli studenti erano tornati dalla propria famiglia e riuscivano a trascorrere un periodo come questo circondati dai proprio cari e soprattutto nella propria casa; ancora più difficile è stato trascorrere le vacanze pasquali ad Urbino, cosa mai successa prima d’ora. Ovviamente se da un lato dovevo cercare di mantenere tranquilla me per evitare di cadere nella nostalgia, dall’altra parte dovevo tranquillizzare i miei genitori che continuavano ad essere in pensiero per la mia situazione” (Marianna D.G., II anno CPO, Corleto Monforte).
“Ho deciso di non tornare a casa mia a Salerno onde evitare spiacevoli problemi, sia di salute che economici ai miei genitori. La lontananza da loro è stata dura perché ormai sono 5 mesi che non ci vediamo anche se ci siamo videochiamati e/o chiamati quasi tutti i giorni specialmente durante il primo periodo dell’emergenza sanitaria” (Adolfo D.M., II anno CPO, Salerno).
“Sono rimasto ad Urbino perché il lockdown non mi ha permesso di spostarmi verso casa mia a Battipaglia (SA) dato che la Campania è stata una delle prime regioni a chiudere i confini per contenere il Covid. Anche se sarei potuto scappare come hanno fatto tanti altri prima della definitiva chiusura, cosciente della zona in cui mi trovavo ho preferito evitare per non mettere a rischio i miei familiari, perlopiù mia sorella lavora in ospedale in reparto Covid quindi è stato preferibile evitare di tornare a casa” (Antonio M., II anno CPO, Battipaglia).

Fare/essere comunità
I miei colleghi che hanno trascorso la quarantena a Urbino hanno creato un forte senso di comunità tra loro, aiutandosi l’uno con l’altro e riuscendo in qualche modo a trasmettersi fiducia a vicenda e a sentirsi davvero uniti cercando di trascorrere il tempo nel miglior modo possibile. Attraverso la creazione di una routine di lavoro e studio è stato possibile organizzare il molto tempo a disposizione in modo proficuo. A volte anche con un po’ di spirito di adattamento…
“Per spiegare meglio la mia situazione devo fare una piccola premessa. In quei mesi io stavo lavorando per un progetto con un’università americana e quindi vivevo con gli studenti in un hotel nel centro di Urbino. Nel momento in cui gli americani sono dovuti ripartire per tornare a casa a me e il mio collega ci è stato proposto di continuare a vivere nelle nostre stanze d’hotel dato che non avevamo una casa in cui stare. Per chi ascolta questa storia sicuramente sarà stato facile pensare a quanto potesse essere divertente e bello vivere in quel contesto. Ovviamente non è stato così poiché non era permesso utilizzare la cucina del ristorante e avevamo a disposizione solo il bar e un tosta pane prestatoci da un amico. All’inizio è stata una sfida avvincente riuscire a pranzare e cenare con toast, frutta e insalata ma poi il con il tempo, guardando gli altri che in casa davano maggiore sfogo alle loro doti culinarie, iniziavamo a soffrire quella situazione. Per il resto, tornando a casa solo i primi di luglio, devo dire che sono stata anche bene, con il tempo ho ritrovato e riscoperto una nuova routine giornaliera, sapendomi reinventare” (Marianna D.G., II anno CPO, Corleto Monforte).
“Per quanto riguarda la mia quarantena ad Urbino devo dire che tutto sommato è stata piacevole, anche se stare in pochi metri quadrati a volte è stata dura e per questo ogni tanto sono uscito per delle piccole passeggiate, spesso di notte per respirare un po’. Abbiamo creato un senso di solidarietà forte con i colleghi/amici rimasti ad Urbino, trovando in loro una seconda famiglia con la quale affrontare questo momento delicato” (Adolfo D.M., II anno CPO, Salerno).
“Tutto sommato la quarantena l’ho vissuta abbastanza bene poiché ad Urbino ho una casa grande e l’ho condivisa solo con uno dei miei cinque coinquilini, perlopiù amico fraterno” (Antonio M., II anno CPO, Battipaglia).
La didattica a distanza: fra opportunità e mancanza
Come abbiamo già visto, Internet è stato per tutti il pane quotidiano della quarantena, soprattutto per noi studenti, che grazie alla possibilità offerte della rete siamo riusciti a rimanere in contatto tra di noi e continuare a seguire i corsi. La didattica a distanza si è svolta regolarmente sulla piattaforma Moodle già utilizzata dall’Ateneo di Urbino per il blended learning ed è perciò stato possibile svolgere tutte le attività in programma per l’anno accademico. Naturalmente, pur riconoscendo l’importanza di proseguire le lezioni anche a distanza, dalle testimonianze degli studenti è emerso che, soprattutto per i lavori di gruppo, le lezioni in aula sono insostituibili. Il nostro corso di laurea CPO prevede parti laboratoriali basate su lavori di gruppo e questi sono momenti di apprendimento e di crescita importanti basati sulla condivisione e sulla vicinanza che durante l’emergenza sono necessariamente venuti meno. Nonostante l’impegno di docenti e studenti e di continua collaborazione si è sentita la mancanza di quella parte della vita universitaria che a Urbino è molto forte.
“Una scoperta, quella di riuscire a seguire lezioni comodamente dalla propria stanza e, con franchezza, in pigiama. Ma è stato entusiasmante solo per le prime due settimane. Secondo me oltre alla comodità, che non metto in dubbio in quel periodo così difficile, le lezioni online presentano diversi fattori negativi. In primo luogo, il non poter andare in facoltà e seguire la lezione in compagnia è molto meno stimolante, ti ritrovi con il tuo computer, da solo, a seguire lezioni che magari in sede avrebbero permesso lavori di gruppo e dibattiti. Inoltre, lo stare per ore davanti ad uno schermo, l’ennesimo durante il lockdown, è stancante e non sempre si è motivati nello stare attenti e concentrati. Devo dire che sono riuscita Sempre a rimanere in contatto con i colleghi, per fortuna noi del nostro gruppo siamo molto legati. Direi che questo periodo di lockdown ci ha permesso di apprezzare anche un semplice messaggio, una videochiamata. Abbiamo provato a reinventarci pur di non pensare che stavamo trascorrendo il nostro ultimo semestre di magistrale lontani.
Sono certa che se fossimo stati tutti ad Urbino forse non avremmo apprezzato più di tanto quel legame affettivo che abbiamo saputo riscoprire in piena emergenza” (Marianna D.G., II anno CPO, Corleto Monforte).
“Il rapporto con i colleghi è stato quotidiano poiché oggi la maggior parte di loro sono diventati miei amici. Mentre per quanto riguarda la didattica online invece devo dire che se all’inizio vi erano evidenti difficoltà man mano che passava il tempo queste sono andate sempre migliorando sino ad arrivare agli esami online che sono effettivamente una novità assoluta” (Adolfo D.M., II anno CPO, Salerno).
“Grazie a gruppi WhatsApp e videochiamate sulle varie piattaforme sono riuscito a mantenere regolarmente i contatti con i miei colleghi universitari cercando anche di confrontarci sulla didattica online, un mondo inesplorato sul quale ci siamo affacciati a causa della pandemia e che alla fine ha funzionato bene, anche se per una facoltà come CPO con numerosi lavori a progetto è sempre preferibile lavorare insieme allo stesso tavolo più che basarsi sullo smart working” (Antonio M., II anno CPO, Battipaglia).
Ri-pensarsi in lockdown
La quarantena ha dato spazio a idee, pensieri e riflessioni. Se da una parte i lunghi giorni in lockdown sono stati pieni di produttività, un’occasione per scoprire lati di se stessi nascosti o per aprirsi a nuovi interessi, per continuare a studiare e a svolgere le “normali” attività universitarie. Rimanere a Urbino ha significato per i miei colleghi mantenere l’autonomia che la vita universitaria fuori sede permette anche se, come racconta qualcuno, è necessariamente mancata la possibilità di vivere più intensamente e a pieno l’ultimo anno di università, con le sue aspettative, con i suoi rituali.
“D’altra parte, questo periodo ha generato per me entrambi i tipi di lockdown sia produttivo che emotivo, specialmente nelle prime settimane. Poi però qualcosa è cambiato e ho imparato a gestire e scoprire quei lati di me con cui difficilmente venivo contatto. Se c’è qualcosa che ho davvero capito in questo periodo lontana da casa e quasi sempre da sola è stato quello di voler, una volta tornata a casa, fare tesoro di ogni cosa, anche la più semplice. Sembra sicuramente una di quelle frasi retoriche, ma uscire, per una semplice passeggiata immersa nel verde è più di ispirazione rispetto a qualsiasi altra cosa” (Marianna D.G., II anno CPO, Corleto Monforte).
“Questo lockdown mi ha permesso di aprirmi a nuove esperienze digitali le quali devo dire mi hanno affascinato molto. Un aspetto in particolare che ho capito da questo periodo di quarantena e quanto noi siamo legati alle abitudini e molto spesso, quest’ultime, ci abbagliano gli occhi e non ci fanno vedere gli altri milioni di cose che abbiamo e che possiamo fare, conoscere o approfondire” (Adolfo D.M, II anno CPO, Salerno).
“Il lockdown ha avuto i suoi risvolti produttivi per quanto riguarda il binge-watching, il gaming e la cucina poiché avendo molto tempo libero cercavo di impegnarlo al meglio. Probabilmente avrei voluto anche una maggior produttività per ciò che riguarda lo studio ma mi rendo conto che questa situazione inattesa mi ha un po’ scoraggiato e smontato la pianificazione di un anno intero, quindi nei primi tempi di lockdown mi sono limitato semplicemente a seguire i corsi e fare le attività assegnate dai docenti poiché la voglia di studiare era poca. In questo caso subentra anche il lato emotivo poiché per molti ragazzi come me questi sarebbero stati gli ultimi mesi di svago prima di affacciarsi sul mondo del lavoro e non abbiamo potuto viverli insieme e in maniera normale. A questo si aggiunge la distanza dalla famiglia che, per quanto sia legato, non ho vissuto malissimo anche perché siamo in un’età dove è bello avere la propria indipendenza e per quanto sia bella l’aria di casa bisogna ammettere che se fossi tornato a casa probabilmente avrei avuto spazi ridotti e abitudini diverse che mi avrebbero portato a implodere nel giro di un paio di settimane, come è successo ad alcuni amici” (Antonio M., II anno CPO, Battipaglia).

Nella serie di post dedicati alla vita delle studentesse e degli studenti di CPO in quarantena abbiamo potuto vedere come, fondamentalmente, i mesi scorsi siano stati affrontati e gestiti senza cadere nel lockdown emotivo che la situazione di emergenza avrebbe potuto facilmente provocare. Non che non ci siano stati momenti di difficoltà, preoccupazione e nostalgia ma la possibilità di mantenere il contatto con i colleghi e di proseguire le attività universitarie, corsi, laboratori, esami, ha permesso di colmare i vuoti e il senso di perdita di una fase così particolare per la vita di tutti.