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STUDENTI A PROVA DI QUARANTENA 3

agosto 7, 2020

Nei post precedenti abbiamo visto come le colleghe e i colleghi di CPO che hanno deciso di tornare a casa per il lockdown hanno affrontato il periodo della quarantena con il rammarico di dover interrompere la vita universitaria, di lasciare Urbino e i compagni di corso. Il rientro forzato, come si legge dalle testimonianze, non ha comunque impedito di proseguire le lezioni in modalità online e di passare un po’ di tempo insieme alla propria famiglia. Ma, come sappiamo, la quarantena non è stata uguale per tutti. In questo post ci concentriamo sui racconti di chi si è diviso tra Urbino e casa propria, affrontando il viaggio per raggiungere la propria famiglia nel momento in cui è stato dichiarato lo stato d’emergenza e di chi invece ha deciso di affrontare il lockdown da Urbino. Come hanno vissuto il viaggio di rientro coloro che hanno lasciato Urbino? E, invece, cosa ha spinto gli altri a rimanere e come hanno passato le loro giornate?

#RITORNOACASA parte 3

I colleghi che hanno deciso di rientrare a casa hanno lasciato Urbino nel momento in cui si sono accorti che anche in Italia la situazione iniziava a farsi complessa. Venivano dichiarate le prime zone rosse, attivate le misure di distanziamento sociale e si cominciava a prendere consapevolezza del reale stato di emergenza.


Sono tornato a casa un giorno prima che la provincia di Pesaro-Urbino diventasse zona rossa, esattamente il 7 marzo. Ho deciso di rientrare usando il pullman per Fiumicino, ho pensato che in quel momento fosse l’opzione più sicura, proprio per evitare di partire da Bologna o Milano che erano già zone ad alto rischio contagio in quel momento e alcuni comuni di quelle zone erano già zona rossa” (Luca A. II anno CPO, Sassari).


“Sono tornata a casa il 5 marzo, ho preso un aereo Perugia-Catania, ho comprato il biglietto un giorno prima di partire perché sono stata indecisa fino alla fine, non riuscivo a capire quanto lo stato di emergenza fosse serio. Per fortuna un mio collega è riuscito ad accompagnarmi in macchina fino a Perugia in modo tale da evitare di prendere il minor numero di mezzi pubblici possibili” (Chiara C., II anno CPO, Caltanissetta).


“Le prime due settimane avevo molta molta paura di avere il Covid e di aver contagiato tutti. Sono rientrata il 2 marzo, poco tempo dopo che avevano proclamato la chiusura dell’Università a Urbino. Ho deciso di rientrare in aereo perché sono sarda. Quando sono tornata in Sardegna il 2 marzo, le frontiere erano ancora aperte e nessuno s’immaginava una situazione così grave ed epocale. Ero convinta di rientrare a Urbino, e a dirla tutta ero tornata giù solo per stare con il mio ragazzo, approfittando dello stop delle lezioni e del fatto che il ristorante dove lavoravo non mi stava chiamando al lavoro per la scarsa circolazione dei clienti. Pensavo di tornare ad Urbino il 5 marzo, ma il mio ragazzo mi ha convinta e posticipare il volo per il 7 marzo.
Ancora il lockdown non era stato annunciato per tutti. Così io, partita da Urbino, passata per Rimini e Bologna, e atterrata a Cagliari, per una settimana sono allegramente andata in giro normalmente, vedendo amici e parenti. Il 7 marzo ho deciso solo per puro caso, di non prendere quell’aereo per tornare a Urbino, e l’8 marzo ho ricevuto l’ordine di stare chiusa in casa per 14 giorni con assoluto rigore. Mi sono sentita una vera idiota per il rischio che ho fatto correre a tutti. Non ho dormito per giorni” (Veronica F., II anno CPO, Cagliari).

Studenti in isolamento (volontario)

I miei colleghi rientrati a casa dopo un primo periodo di permanenza a Urbino sono stati i primi a iniziare la quarantena. Arrivando da una regione diversa da quella di origine hanno rispettato le prime misure di distanziamento sociale passando le prime due settimane di isolamento cercando di avere pochi contatti anche con i propri familiari.


 
“Inizialmente ho passato quindici giorni da solo nella casa in campagna poiché mi sono autodenunciato in modo da attivare la quarantena (questo imponeva il decreto regionale per chiunque arrivasse in Sardegna dalle cosiddette “zone rosse”). In quel periodo sono stato abbastanza bene, il tempo era sereno e c’era molta pace in campagna, questo colmava, in parte, il fatto di essere da solo. Una volta terminata la quarantena sono tornato a casa con la mia famiglia, ovviamente ci sono stati momenti felici come momenti tristi a causa dei litigi con i miei genitori, dovuti quasi tutti dal totale isolamento obbligatorio all’interno della casa, però, in generale, devo dire che l’ho vissuta abbastanza bene” (Luca A. II anno CPO, Sassari).


“La quarantena è stata molto pesante, non sono più abituata a vivere con la mia famiglia da 5 anni, quindi mi è mancata la mia indipendenza e la mia privacy, però riflettendoci successivamente, sono contenta di aver vissuto questo periodo a casa con la mia famiglia. Ho sofferto maggiormente le prime due settimane, perché venendo da Urbino che era stata dichiarata zona rossa, ho dovuto dichiarare il mio rientro e sono dovuta stare due settimane in quarantena obbligata ancora prima che scattasse per tutti cercando di evitare troppi contatti con i miei familiari” (Chiara C., II anno CPO, Caltanissetta).


“Devo dire che la convivenza con la mia famiglia è stata molto altalenante, ho vissuto sia momenti pacifici che qualche litigata, ma nel complesso direi che non è andata male” (Veronica F., II anno CPO, Cagliari).
Foto di Luca

Ci troviamo su Zoom

Come sappiamo l’emergenza ha contribuito alla diffusione e all’uso delle piattaforme online come Zoom e Meet, sia per la didattica a distanza, sia per mantenere i contatti e affrontare il distanziamento sociale che grazie alla tecnologia è risultato essere più un distanziamento fisico che sociale. Tutto questo ha permesso di mantenere vivo il legame che si è creato tra i colleghi di CPO durante la vita universitaria ad Urbino.


“Gruppo Vacanze Urbino sempre presente , ci siamo sempre confrontati tramite il gruppo WhatsApp che abbiamo, sia per questione universitarie che per farci forza durante questo periodo di sospensione. Diciamo che all’inizio è stato un po’ strano svolgere le lezioni online, con il tempo ci ho fatto l’abitudine e ormai era la normalità accendere il computer per collegarsi con la lezione in streaming” (Luca A., II anno CPO, Sassari).


“Sì, fortunatamente abbiamo mantenuto un legame grazie alla tecnologia, però avrei preferito sicuramente stare con loro 24 ore su 24 tra biblioteche, cene, aule e andando in giro per Urbino. I miss you! La didattica online devo dire che tutto sommato è andata bene perché fortunatamente ho seguito solo due corsi. Anche se si è trattato di due laboratori, quindi è stato difficile perché ovviamente è indispensabile la compresenza quando si deve svolgere lavori di gruppo o in generale per avere feedback istantanei” (Chiara C., II anno CPO, Caltanissetta).


“Con i colleghi ci siamo sempre sentiti su WhatsApp, anche se talvolta (forse io) in modo un po’ scostante. Ma non ci siamo assolutamente persi. Ho assistito alle lezioni online di due soli corsi, e sono andate abbastanza bene. Certe lezioni sono state molto interessanti, altre meno e sono riuscita poco a prendere appunti, ma non è stato poi così stressante. Talvolta noioso. Per quanto riguarda tenere i contatti con i professori, ecco forse quello è stato un po’ difficile: ricevere i feedback dai professori non è stata una cosa veloce come forse ci saremmo aspettati. Ma in un periodo come questo è bene armarsi di pazienza e riuscire a mettersi nei panni di tutti, anche dei professori” (Veronica F., II anno CPO, Cagliari).
Foto di Chiara

Affrontare il lockdown emotivo

L’ultimo anno di università è da sempre un momento di transizione, una fase di passaggio importante. La quarantena ha sicuramente amplificato questa condizione e ha portato tutti noi studenti a riflettere molto, c’è stato chi ha reagito in maniera produttiva, cercando di riempire le proprie giornate e chi si è ritrovato in un lockdown non solo fisico, ma anche emotivo.


Ritengo che sia stato un lockdown produttivo, ho letto svariati libri e ho iniziato a guardare varie serie su Netflix (farà strano, ma non avevo mai usato Netflix per guardare serie TV prima dell’emergenza), quindi è stato un po’ come fare una nuova scoperta. Ho imparato anche a gestire meglio il mio tempo, soprattutto durante la quarantena in campagna dove non c’era molto da fare. Cercavo di crearmi degli impegni per occupare l’intera giornata senza lasciare che la noia o, peggio ancora, la solitudine prendessero il sopravvento. Una cosa che mi viene da dire è #celafaremo. Scherzi a parte vorrei dire che mi ha fatto davvero strano come abbia avuto inizio tutta questa situazione. È successo tutto davvero molto in fretta, dallo stare a Urbino con tutti i programmi in mente per il futuro, mi sono ritrovato da solo nella casa in campagna lontano da una realtà che fino a pochissimo tempo prima sembrava certa al 100%” (Luca A., II anno CPO, Sassari).


“Il mio lockdown è stato quasi totalmente emotivo: non sono riuscita ad applicarmi molto nello studio. Ho riflettuto molto sulla mia identità, sui miei stati d’animo: mi sono ritrovata catapultata nella mia realtà natale, dopo anni in giro per l’Italia e per l’Europa. Il coronavirus ha sconvolto i miei piani e quelli di chiunque, però penso sia stato un bene finalmente fermarsi e dedicarsi ad una introspezione profonda” (Chiara C., II anno CPO, Caltanissetta).


“Il lockdown è stato emotivo. Ora che possiamo uscire di casa forse ne sto risentendo di più, in realtà. Mi stanno scivolando di mano un bel po’ di certezze che ero convinta di avere e il mio morale è molto altalenante” (Veronica F., II anno CPO, Cagliari).

Dai racconti emerge la naturale ambivalenza fra il senso di responsabilità e il disagio emotivo provocato dal dover affrontare una situazione così nuova e inaspettata per tutti. Chi ha trascorso un primo periodo a Urbino, dopo la dichiarazione dello stato di emergenza in Italia e l’individuazione delle zone rosse, ha affrontato il rientro in isolamento volontario per poi ricongiungersi alle famiglie. Sembra proprio che si sia sentita la mancanza della vita universitaria e dei colleghi. Ma il distanziamento fisico non si è tradotto in tutto e per tutto nel distanziamento sociale, diventato ormai parte del nostro lessico. Lezioni online, incontri e attività gestite dalle piattaforme hanno permesso di mantenere relazioni, di lavorare e studiare.

STUDENTI A PROVA DI QUARANTENA 2

luglio 16, 2020

#RITORNOACASA parte 2

In questa seconda parte del racconto della vita universitaria Cpo durante il Covid vediamo come gli studenti tornati a casa abbiano organizzato la loro vita universitaria. Come hanno mantenuto il rapporto con i docenti e con i colleghi?

 

Relazioni a distanza

Nonostante il distanziamento sociale forzato, grazie alla possibilità di connettersi online gli studenti sono riusciti a mantenere un rapporto constante con i propri colleghi, sia per confrontarsi su questioni riguardanti la didattica online in corso sia per continuare a lavorare sui singoli progetti di gruppo che non si sono mai fermati.

 

Ho mantenuto regolarmente i contatti con i miei colleghi, in particolare ovviamente quelli a cui sono più legata, sono amici prima che colleghi e quindi ho voluto sentirli vicini nonostante la distanza. La didattica online è stata una buona soluzione provvisoria al problema, ma ha avuto i suoi difetti. È stato più difficile mantenere l’attenzione per ore, e in generale credo si perda molto di quello che è l’entusiasmo dell’apprendimento e del confronto. Mi è mancato anche solo chiedere ai miei compagni di tenermi il posto a sedere quando faccio tardi. La Didattica a distanza uno strumento che ha senza dubbio delle potenzialità ma secondo me non potrà mai davvero sostituire la didattica in presenza” (Martina P. II anno CPO, Fermo).

 

Con i colleghi più stretti ho cercato di mantenere i rapporti quotidianamente e sicuramente anche l’esperienza della didattica online è stata un’esperienza che non dimenticherò, ma che ancora difficilmente immagino come perfetta sostituta delle lezioni face to face” (Matteo B. II anno CPO, Gubbio).

 


“Sono rimasta sempre in contatto con i miei colleghi, in particolare con i più cari, ho portato avanti tanti progetti di gruppo e ciò è stato possibile non solo grazie all’entusiasmo e alle tante video call, ma anche attraverso una piattaforma Blended Learning universitaria molto versatile, comoda e responsiva. L’Università di Urbino ha saputo portare avanti un approccio digitale di grande valore, assicurandoci una didattica online valida, anche grazie ad un team docenti che si è adattato bene alle difficoltà del momento (Giulia A. I anno CPO, Perugia).
Foto di Giulia

 


“ Con i miei colleghi ho mantenuto dei contatti regolari, quotidiani, sia tramite app di messaggistica come Whatsapp (inclusi i vari gruppi tra colleghi che abbiamo creato già molto tempo fa) sia attraverso le chiamate e le videochiamate (singole e di gruppo).
Personalmente sono rimasta molto soddisfatta dalla didattica online. Ho trovato che i professori abbiano fatto dei grandi sforzi per trovare i modi migliori per tenere le lezioni: ciò di cui mi sono meravigliata è stato il fatto che loro non abbiano spiegato esponendo gli argomenti solo tramite le slide, ma abbiano aperto anche discussioni e momenti di confronto ponendoci delle domande a cui noi rispondevamo in chat per iscritto, e che poi abbiano letto ogni singola risposta data (la modalità della telecamera+audio non è stata utilizzata perché essendo in 50-60 si sarebbe creata molta confusione). Addirittura, durante una spiegazione è stato possibile fare un sondaggio grazie a una delle affordance della piattaforma. Insomma, a mio parere i professori hanno cercato di renderci il più partecipi possibile, cercando in questo modo di ricreare la tradizionale lezione in aula mediante l’utilizzo del computer. É stata una bella sfida vinta con successo” (Sara V. II anno CPO, Ascoli Piceno).

 


I contatti con i colleghi sono stati mantenuti pressoché in maniera costante, tant’è che c’è stato un periodo in cui ci sentivamo ogni giorno per scambiarci informazioni in merito ai corsi e ai progetti che abbiamo svolto. Ho sempre sognato di poter frequentare le lezioni comodamente da casa. In realtà, però, non è poi così facile… O meglio, non avevo messo in conto tutte le ore che avrei passato davanti ad uno schermo e a quanto questo alla lunga potesse essere stancante. Apprezzo come l’università abbia prontamente risposto alla situazione, sfruttando al meglio le potenzialità del blended. Certo, alti e bassi ci sono stati, ma in ogni momento di difficoltà si è cercato di trovare una soluzione” (Maria Chiara B. I anno CPO).

 

Io penso positivo. Il lockdown fra opportunità e produttività.

Nonostante il fatto che la situazione che abbiamo vissuto durante i 54 giorni di quarantena sia stata pesante e inaspettata, per i nostri intervistati questo lockdown si è rivelato essere un lockdown positivo. Visto il tempo a disposizione, tutti hanno avuto la possibilità di concentrarsi su diverse attività, affrontando questo momento in piena produttività.   

 


“Il lockdown mentre lo vivevo mi è sembrato molto produttivo, sentivo stimoli da ogni parte, ho letto molto, guardato molte interviste, scritto, parlato con persone” (Martina P. II anno CPO, Fermo).

 


“Devo dire che per me è stato un lockdown molto produttivo in quanto ho cercato di apprendere nozioni nuove e fare cose a cui prima non avevo tempo di pensare” (Matteo B. II anno CPO, Gubbio).

 


“Lasciando da parte lo sconforto, devo dire che sono stata sorprendentemente produttiva” (Giulia A. I anno CPO, Perugia).
Foto di Giulia

 


Per me questo lockdown è stato produttivo: tenendomi impegnata tra film, libri, allenamento in casa e cucina, devo dire che non mi sono annoiata. Ma devo ammettere che ci sono stati anche i momenti “di vuoto” in cui mi sono messa a pensare. A pensare tipo quando saremmo tornati alla situazione normale, come sarebbero cambiate le prospettive lavorative, quando avrei potuto rivedere i miei amici. Penso che la socialità sia stata la cosa che mi sia mancata più di tutte; se dovessi ricordare la cosa che di più questa quarantena mi ha fatto soffrire, direi il fatto di non aver potuto vedere i miei amici per quasi 3 mesi. Sono dell’idea che l’essere umano nasca per stare in società e fare società, ma nel momento in cui gli viene negato si sente morire dentro, come se fosse contro natura il fatto di non stare con altre persone” (Sara V. II anno C, Ascoli Piceno).

 


Sono riuscita a dedicarmi anche ad altre attività al di là dell’università. Attività che magari avevo accantonato a causa della mancanza di tempo e che sono riuscita così a recuperare” (Maria Chiara B. I anno CPO, Trentino).

 

Occasioni di riflessività

Infine, possiamo sicuramente dire che l’esperienza appena trascorsa abbia portato anche a momenti di riflessione importanti.

 


“Oggi vedo però le ripercussioni nel distanziamento ora, nei rapporti sociali e nell'”incontro” con la collettività. Non so però se questa strana forma di blocco mentale ed emotivo sia dovuto al periodo del lockdown stesso, o al fatto che l’incontro abbia assunto delle modalità diverse in cui non mi riconosco e che non bastano alla mia fame di confronto e di dialogo. È un po’ come se sentissi di non aver molto da raccontare oltre a come mi sento e a quelle che sono le mie sensazioni, e mi fa un po’ paura il fatto di vedere negli altri invece la voglia sfrenata di ripartire come se niente fosse accaduto” (Martina P. II anno CPO, Fermo).

 


“Infine, credo che un fattore importante di questo lockdown è stato il saper apprezzare tante piccole cose come per esempio quella di uscire per una semplice passeggiata, che forse avevamo perso” (Matteo B. II anno CPO, Gubbio).

 


“Non è stato un periodo semplice, lo ammetto, ma ho acquisito nuove skills e affinato le mie tecniche di resilienza, vincendo con il mio gruppo anche il Contest FJN 2020 in collaborazione con la Colonia della Comunicazione! Ora inizia la sessione estiva, dalla mia scrivania, e aspetto trepidante di rivedere la mia amata Urbino in estate” (Giulia A. I anno CPO, Perugia).

 


“In generale, penso che questa quarantena ci abbia fatto male e ci abbia fatto bene: ci ha fatto male per ovvie ragioni, a partire dal lato psicologico a quello economico; ci ha fatto bene perché tutti noi ora (spero) abbiamo capito l’importanza di ogni singola cosa e istante. Diamo sempre tutto per scontato, ma non è così. Chi lo avrebbe mai pensato che nel 2020 non si potesse uscire di casa per quasi 3 mesi a causa di una pandemia? E che non si potesse uscire fuori a correre? E che non si potessero vedere le persone? Io penso nessuno, eppure è successo, e a ricordarlo mentre scrivo mi viene la pelle d’oca perché mi chiedo “ma come abbiamo fatto??”. Sono sicura che da adesso in poi daremo un valore diverso a tutto quanto. Voglio riassumere quanto appena accaduto con “ciò che non strozza ingrassa”, probabilmente perché cerco di consolarmi considerando che da una situazione tanto brutta può nascere qualcosa di positivo” (Sara V. II anno CPO, Ascoli Piceno).

 


“Nonostante io riconosca di essere stata fortunata, perché sono potuta tornare a casa, ammetto che quest’esperienza mi ha spinta a ragionare a lungo su come niente vada dato per scontato. Mi ha confermato, inoltre, che dalle situazioni più complicate si può sempre imparare qualcosa di significativo per il futuro.”  (Maria Chiara B. I anno CPO, Trentino).
Foto di Martina

Ma come sappiamo non tutti i lockdown sono stati uguali.

Com’è stata vissuta questa esperienza da chi ha lasciato Urbino durante l’emergenza? Lo scopriremo insieme ai nostri studenti che saranno protagonisti del prossimo post #fugaametà.

Stay tuned

STUDENTI A PROVA DI QUARANTENA

giugno 22, 2020

Era il 25 febbraio ed era da poco iniziato il secondo semestre, tutti gli studenti di CPO si preparavano ad affrontare e godersi l’ultimo semestre ad Urbino, quando all’improvviso è stata annunciata la chiusura dell’Ateneo a causa del diffondersi dell’epidemia da “Coronavirus” ancora troppo sconosciuta e lontana per immaginarsi quello che sarebbe successo qualche settimana dopo.
Inizialmente la durata della chiusura annunciata era talmente breve che per alcuni studenti non valeva la pena tornare al paese di origine per poi tornare nuovamente ad Urbino, altri invece hanno subito approfittato della chiusura per fare un weekend lungo a casa che si è trasformato in tre mesi, altri ancora hanno deciso di tornare a casa nel momento in cui le chiusure non avevano più una data di riapertura prevista.

Il corso di laurea CPO, come abbiamo visto, ha reagito fin da subito al lockdown fornendo tutti gli strumenti necessari ai suoi studenti.
Le lezioni del secondo semestre si sono svolte tutte online sulla nostra piattaforma Blackboard collaborate, la quale ci ha permesso di rispettare tutti i programmi del semestre senza troppe variazioni. Adesso ci troviamo nel pieno della sessione estiva d’esami, la quale è stata estesa a tre appelli per andare ulteriormente incontro agi studenti, e anche in questo caso la modalità online sta avendo un riscontro positivo.
Mentre aspettiamo di sapere come sarà il prossimo anno ci chiediamo come le studentesse e gli studenti del primo e del secondo anno stiano affrontando questo periodo di “sospensione” a cominciare dalla quarantena. C’é chi è rimasto a Urbino, chi è subito tornato a casa, ma anche chi ha vissuto i giorni della pandemia fra Urbino e casa propria.

Nei prossimi post raccontiamo attraverso le testimonianze delle ragazze e dei ragazzi di CPO com’é andata e come hanno vissuto un inedito essere “studente a distanza”. Nel post di oggi ci concentriamo su coloro che alla notizia della chiusura sono subito tornati a casa. Perché hanno scelto di rientrare subito? Come hanno passato le giornate? Come hanno affrontato la didattica online?

#RITORNOACASA parte 1

Tornare a casa

Non appena il nostro Rettore Vilberto Stocchi ha comunicato ufficialmente la chiusura dell’Ateneo, gli studenti di CPO hanno appreso a malincuore che le lezioni in presenza non avrebbero potuto riprendere nel giro di poco tempo. Alcuni di loro hanno dunque pensato che tornare a casa fosse la cosa migliore da fare per affrontare la nuova e imprevista condizione di emergenza. 

 

Sono andata via da Urbino quando ho capito che sarebbe stata di lì a poco dichiarata zona rossa dati i numerosi casi di Covid nella zona. Ho pensato fosse la cosa migliore da fare appunto perché non sarebbe stato sicuro rimanere e perché non era necessario rimanere per le lezioni, che si sarebbero svolte online” (Martina P. II anno CPO, Fermo).

 


Sono andato via da Urbino i primi di marzo, incredulo che questo periodo sarebbe durato più di qualche settimana, ma dopo la prima settimana di quarantena ho realizzato che saremmo rimasti distanti da Urbino per almeno due mesi” (Matteo B. II anno CPO, Gubbio)

 

“Ricordo di essere andata via da Urbino in una giornata di pioggia, si percepivano le prime tensioni generali a causa del nuovo virus, l’Università aveva deciso di chiudere le sedi per motivi di sicurezza, e tra lo spiazzamento di colleghi e coinquilini, decisi di mettere in valigia alcune delle mie cose, e tornare a Perugia dalla mia famiglia” (Giulia A. I anno CPO, Perugia)

 

“Sono andata via da Urbino esattamente quando sono state chiuse lì le scuole (mercoledì 26 febbraio). Mi sono resa conto da subito che le scuole e le università lì non avrebbero ripreso a stretto giro, pensavo che per un paio di settimane sarebbe stato tutto fermo quindi ho deciso di tornare a casa (essendo di Ascoli Piceno mi è stato facile tornare a casa).
Ho temuto che chiudessero la provincia e che non potessi più spostarmi da Urbino, motivo per cui sono partita subito da lì” (Sara V. II anno CPO, Ascoli Piceno).

 

“Sono partita da Urbino due giorni dopo la chiusura dell’università. La partenza non è stata “costretta” dalla situazione emergenziale in quanto avevo già pianificato di rientrare in Trentino per alcuni impegni. Devo ammettere, però, che decidere se usare o meno quel biglietto del treno già acquistato non è stato facile, soprattutto perché per tornare a casa avrei dovuto affrontare un lungo viaggio senza sapere esattamente quale fosse la gravità della situazione. Nonostante i dubbi, sono tornata, dato che la città stava iniziando a svuotarsi e avrei rischiato di rimanere da sola” (Maria Chiara B. I anno CPO, Trentino).

Lockdown in famiglia: convivenze forzate ma non troppo…

Per gli studenti la quarantena inizialmente è stata dura, specialmente perché risultava difficile anche solo immaginare una situazione in cui si sono visti costretti a rinunciare alle proprie libertà. La convivenza a casa con la propria famiglia, all’inizio impensabile per uno studente fuorisede, si è poi rivelata essere una piacevole opportunità.

 

“Nonostante ci siano stati momenti di sconforto, ho cercato di rinunciare alle lamentele e alla negatività, e ho voluto annotare le mie sensazioni e lo scandire del tempo in un diario in cui ho scritto per ricordarmi il valore anche delle azioni più semplici che facevo e delle cose belle che leggevo o vedevo. La convivenza con la mia famiglia è stata sorprendentemente positiva, all’inizio pensavo sarebbe stato molto pesante e ho sofferto all’idea di non aver potuto scegliere con chi passare la quarantena, pensavo che avrei preferito stare da qualche altra parte, invece col passare del tempo ho capito che casa era il posto migliore dove stare in un momento così delicato e complicato” (Martina P. II anno CPO, Fermo).
Foto di Martina

 

“Ho vissuto un’ottima quarantena in quanto ho avuto la fortuna di stare in compagnia della mia ragazza e della sua famiglia visto che la mia si trovava in Germania” (Matteo B. II anno CPO, Gubbio).

 

“La quarantena non è stata facile da vivere, come per tutti immagino, ma tutto sommato non mi lamento troppo perché, abitando in campagna, ho avuto la possibilità di non vedere sempre e soltanto il muro del mio salotto. Ho trascorso il lockdown tra studio, lezioni online, qualche grigliata con la mia famiglia, cucina, workout (è servita la quarantena affinché mi allenassi!), serie tv e videochiamate. Per quanto riguarda la convivenza in quarantena con la mia famiglia, pensavo andasse peggio: ognuno di noi si è tenuto occupato con le proprie attività, e quotidianamente ci svegliavamo con degli “obiettivi” da raggiungere entro la giornata, in modo tale da tenerci impegnati e non renderci la situazione più pesante di quello che già fosse”
(Sara V. II anno CPO, Ascoli Piceno).

 

“Tutto sommato la mia quarantena non è stata male. Ho avuto la possibilità di condividere del tempo con i miei genitori, cosa che, da quando frequento l’università, è diventata sempre più rara” (Maria Chiara B. I anno CPO, Trentino).
Foto di Maria Chiara