La considero ormai una tradizione la lezione di Silvia Bottiroli ai miei corsi. Sia che se ne parli a Teatro e Spettacolo sia che si affronti in Teorie e pratiche dell’immaginario a CPO il punto è quello di comprendere come una delle compagnie teatrali più importanti della scena non soltanto italiana catalizzi, da sempre e ancora, in maniera potente l’immaginario contemporaneo: la sua poetica, le sue immagini.
Il lavoro complesso, affascinante e non di certo compiacente con tutti noi, pubblico avvezzo alle forme televisive e a volte incapace di “stare lì”, si articola in una storia di individui e collettività, in estetiche raffinate e comunque sempre adatte al nostro sguardo anche quando rimandano a qualcosa del passato. Anche a quello che sa dentro di sè, non per forza consapevolmente, che esiste un regime notturno dell’immaginario (Durand) cioè ambivalente e non manicheo, olistico e non riduzionistico, in cui agisce il piano connotativo del simbolico (come espressione della forma, forma del sentimento per dirla con Langer). Un tipo di teatro che sta dentro le logiche dell’intrattenimento, liminoide, non per divertire nel senso vuoto del termine ma per trovare nuovi percorsi – possibilità – dell’efficacia: divertire nel senso del buon teatro (Brecht).
Silvia Bottiroli – è la quarta da sinistra – lo sa spiegare in maniera gentile e profonda. Non mancate.